Il grande Donizetti riparte da casa sua

Il 22 inizia a Bergamo il suo Festival. Già annunciata anche l’edizione del ’19

Di tutti i nostri grandi operisti, quello che ha più bisogno di un Festival (e meno che gli facciano la festa nelle esecuzioni correnti) è anche il più umanamente simpatico e, insieme, il più artisticamente sottovalutato: Gaetano Donizetti. Perché dei suoi settanta titoli ne circolano, a voler essere ottimisti, una decina, e spesso in edizioni scorrette o abborracciate. E anche perché, rivalutato il Donizetti musicista, che nessuno più considera un facilone che scriveva contemporaneamente con due mani e magari pure con i piedi, bisogna recuperare il Donizetti drammaturgo, l’inventore del Romanticismo operistico italiano, il compositore delle mille sperimentazioni e dalla suprema versatilità, non più e non solo il «ponte» indispensabile fra Rossini e Verdi ma un grande, grandissimo uomo di teatro. Utilizzando le edizioni critiche che Casa Ricordi sta via via pubblicando.

A Bergamo, nella sua città, ci stanno provando. Con la direzione artistica di Francesco Micheli, il Donizetti Opera è diventato un appuntamento da non perdere per gli indigeni, con tutta la città che si donizettizza nella «Night» e nelle mille iniziative spettacolari, sociali ed educative, e per chi viene da fuori. Certo, non tutto quel che Donizetti ha scritto è un capolavoro; niente, però, merita l’oblio. Donizetti è un mare dal quale qualche tesoro affiora sempre.

Quest’anno si parte giovedì 22 novembre con un gala inaugurale Rossini-Donizetti per le voci prestigiose di Jessica Pratt e Daniela Barcellona (e quella del giovin tenore superemergente Xabier Anduaga), l’Osn Rai e il direttore musicale del Festival, Riccardo Frizza. Due le opere in cartellone, entrambe al teatro Sociale, visto che il Donizetti è attualmente sottoposto a un radicale restauro (fa parentesi, così non si arrabbia nessuno, a me il Sociale piace molto di più, anche perché è in Città Alta e la Città Alta di Bergamo è uno dei posti più belli del mondo, quelli che ti fanno pensare che probabilmente Dio tifa Italia). Una è legata al progetto #donizetti200, i titoli del Nostro riproposti duecento anni esatti dopo il debutto. Si tratta dello sconosciutissimo «Enrico di Borgogna», l’opera con cui nel 1818 il Gaetano iniziò il duro mestiere di compositore d’opera. Ghiotta la locandina: l’Academia Montis Regalis diretta da Alessandro De Marchi, regia della «michielettiana» Silvia Paoli, in scena Anna Bonitatibus «en travesti», Sonia Ganassi, Levy Sekgapane e Luca Tittoto.

Secondo titolo, un po’ meno sconosciuto ma insomma non esattamente popolare, «Il castello di Kenilworth» (1829), primo incontro di Donizetti con i «Tudori» che dovevano poi intrigarlo assai. Sul podio Frizza, regia di Maria Pilar Pérez Aspa, cantano la Pratt, Carmela Remigio, Anduaga e Stefan Pop: è di quelle opere con due primedonne e due tenori. Ma naturalmente non finisce qui. C’è anche il concertone di «sua Mariellità», insomma la Devia, che canta appunto i finaloni delle tre opere Tudor, con Anna Bolena e Maria Stuarda che perdono la testa ed Elisabetta che la fa perdere a Roberto Devereux. E poi: «La creazione del mondo» di Haydn in Cattedrale, in italiano come la cantò Donizetti ragazzino diretto dal suo maestro Mayr, concerti, incontri, mostre e così via.

Ma, già che ci siamo, oggi è stato presentato a Casa Ricordi anche il Festival 2019, al debutto il 15 novembre. E in crescita, perché le opere diventano tre. Il #donizetti200 è «Pietro il Grande, kzar delle Russie», ennesima variazione su un personaggio che piaceva molto agli operisti, compreso Donizetti che lo mise anche nel suo «Borgomastro di Saardam». La chicca è «L’ange de Nisida», un’opera scritta nel 1840 per il Théâtre de la Renaissance di Parigi, che però fallì prima di poterla mettere in scena. Donizetti, che come le nostre nonne non buttava via niente, ne utilizzò delle parti per «La favorite». Adesso una musicologa calabrese, Candida Mantica, ha trovato la musica dell’«Ange» dispersa in mille rivoli,ha messo insieme il puzzle e ha ricostruito l’opera, che quest’estate è stata eseguita a Londra, ma solo in forma di concerto. A Bergamo si vedrà quindi la «prima» mondiale in forma scenica di un titolo che si credeva perduto e che invece esiste, come se Donizetti l’avesse scritto per noi adesso. Terzo titolo, e che titolo, un capolavorissimo come «Lucrezia Borgia», con il debutto dell’edizione critica di Roger Parker e Rosei Ward, ancora più indispensabile perché l’opera ha una storia editoriale assai complicata. Per ora top secret gli interpreti: si sa solo che Micheli metterà in scena «L’ange» e Frizza dirigerà «Lucrezia». E che il 15 giugno per Bergamo dilagherà la «Donizetti Night». Vai Gaetano, forse è finalmente la volta buona.